I primi passi

Insieme.

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    Drago Supremo
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    Dalla mia tana situata sotto la città della Magia Bianca e della Magia Nera, Torino.

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    La zampa rossa del drago era ancora allungata verso Sylverion, aspettando che venisse riempita con lo zaffiro e l'oro, quando Aihur rispose a Faraji.
    E ciò che disse non fece altro che gettare altra legna sul fuoco, alimentando la collera che bruciava nel petto del drago a due teste.
    << Tu dici di non essere stato considerato parte del tuo branco. Ebbene, credi forse che noi lo fossimo quando non c'era qualcuno da odiare ed incolpare per qualsiasi cosa? "C'è poca vegetazione e le prede scarseggiano, è colpa dello sgorbio a due teste!", "Krzysiek si è rotto un'ala cacciando, è colpa dello sgorbio a due teste!" >> ringhiò Faraji, sbuffando fumo come Jelani.
    << Per il resto non contavamo nulla. E' ancora tanto che non siamo stati scaraventati giù dai picchi appena usciti dall'uovo. E non mi pare che la tua guardia del corpo ti abbia ancora voltato le spalle sfregiandoti, o sbaglio? >> continuò, indicando Leinur con un cenno del muso.
    A quel punto il ragazzo parlò attirando nuovamente l'attenzione di tutti su di sé.
    Ciò che disse spiazzò non poco le due teste rosse e nere. Erano parole che alle orecchie di Faraji e Jelani non avevano alcun senso eppure le loro menti le capivano e capivano l'emozione che si portavano appresso come se la stessero sentendo loro stessi. C'era decisione in quelle parole. La decisione di essere un essere libero da ogni costrizione, un viaggiatore che non si piega alle leggi dei signori locali. La decisione di non separarsi dal Luminare.
    Le teste del drago rosso si scossero, cercando di far uscire quei sentimenti dalle loro menti e ringhiavano e soffiavano infastidite.
    Quelle emozioni stavano scemando lentamente quando il drago nero parlò.
    << Non abbiamo forse delle ali anche noi? >> sibilò Jelani e le ali si spalancarono del tutto rivelando i disegni neri nella pelle rossa tra le dita delle ali.
    Faraji e Jelani non volevano ancora rinunciare al bottino e al far valere i loro diritti di padroni del territorio ma la loro rabbia non sembrava così sul punto di esplodere come prima che Sylverion parlasse. Qualcosa nella magia legata a quelle parole e sentire la determinazione del ragazzo nelle proprie menti avevano un po' schiacciato la furia che li stava accecando, relegandola in un angolo.
    Ma non era di certo scomparsa e le parole dello strano draghetto la ritirarono fuori facendola esplodere del tutto.
    Le due teste si voltarono di scatto verso di lui. Le fauci di Jelani erano spalancate in un ruggito furioso mentre il suo unico occhio buono lampeggiava d'odio. Faraji tirò un po' la testa indietro, come un serpente che prepara i muscoli prima di scattare e colpire la preda, emettendo un sibilo che saliva dal fondo della gola.
    << Dato che ci tieni tanto a morire accettiamo la tua sfida, schifoso piccolo sgorbietto. >> sibilò mentre il suono nella sua gola si faceva sempre più forte finché il collo non scattò e le fauci spalancate vomitarono un inferno di fuoco contro il draghetto.
     
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    Drago Millenario

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    Aihur sibilò debolmente alla risposta di Faraji.
    "Guardia... del corpo?"
    Con un piccolo strano sorriso scosse la testa, ormai indifferente a quel suo comportamento.
    "Non riceverai mai amore finché non ti dimostrerai capace di darne. Sia la creatura più forte che quella più debole ne hanno bisogno"
    Accennò quella piccola risposta immerso nella tranquillità che gli avevano trasmesso le parole di Sylverion, neanche troppo convinto che Faraji lo stesse ascoltando.
    Ma in fondo non poteva sperare di redimere un'anima che non conosceva... o forse non ricordava i sentimenti.
    Poi avvenne qualcosa di totalmente inaspettato: il piccolo draghetto prese la davvero molto saggia iniziativa di sfidare il drago bicefalo apertamente.
    Forse quelle due teste calde non erano dei guerrieri di innata abilità, ma non avrebbero impiegato molto a sbarazzarsi di un così insignificante avversario.
    Anche se la sensazione di disagio che provava nei confronti di quel cosino riaffiorò insieme alla consapevolezza di doverlo temere.
    E così si scatenarono gli inferi.
    Il drago scagliò una fiammata contro il draghetto, del tutto intenzionato ad arrostirlo per bene e farne un... succulento non proprio, spuntino.
    Percepì la furia delle sue fiamme vibrare, mentre attraverso essa esprimeva tutta l'ira ingabbiata nel suo cuore.
    Non ebbe l'istinto di gettarsi a protezione dello strano piccolo drago, ma l'istinto di gettarsi contro quell'ammasso di scaglie e odio era decisamente voglioso di emergere.
    Leinur assistette alla scena senza muovere un muscolo, ma il coraggio dell'esserino l'aveva colto di sorpresa. Non era normale una simile sicurezza per una creatura del genere, era evidente che il suo fine fosse proprio quello di farlo infuriare.
    Si voltò verso Sylverion, indeciso su quale posizione prendere in una simile circostanza. Quei due non l'avrebbero lasciati andare senza quel maledetto pagamento o senza rimetterci la vita.
    Non aveva la minima voglia di intervenire e finché non fossero stati in pericolo Aihur Sylverion o lui stesso non avrebbe combattuto.
    Studiò però il modo in cui i muscoli del collo di Faraji si mossero e come il fuoco scaturì dalle sue fauci. In quella potenza non c'era nient'altro che rabbia, nessun barlume di ragione a guidare lo spirito.
    Se avesse dovuto fronteggiare un avversario guidato dalla brama di colpire e uccidere non avrebbe avuto molti problemi.
    Decise di attendere quegli sviluppi non molto promettenti prima di dedicarsi di nuovo al ragazzo e si avvicinò ad Aihur.
    Il drago azzurro lo guardò con un briciolo di indecisione, che si rispecchiava anche nei suoi occhi.
    "Ei guardia del corpo... restatene buono se no ci scappa il morto oggi"
    Leinurlo colpì con il muso sul collo.
    "Secondo te mi abbasso a cose come queste? Abbiamo una missione ben più importante e il compito di portare Sylverion a Ta'ni"
    Aihur annuì, perdendo poi lo sguardo a fissare il cielo sopra di sé dove l'infinito faceva da spettatore a quello scontro che sperava non dovesse protraersi per molto.
     
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