I primi passi

Insieme.

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    I due occhi celesti scrutarono il ragazzo con curiosità mal celata, attendendo una sua risposta. Dopo qualche tentennamento la risposta che alla fine gli diede lo lasciò stranito. Gli stava forse mentendo? Sapeva che la razza degli uomini ha vita breve, e quello era un uomo ancora giovane, ma possibile che in quel che era poco più di un battito di ciglia per molti draghi non avesse mai chiamato per nome la sua terra natia?
    La lingua scura e biforcuta di Jelani sgusciò fuori dalla sua bocca ed assaporò l'aria come un comune serpente. C'era aria di pioggia, ma era ancora lontana, e il sapore acre degli umani e delle loro bestie che aveva fiutato sulla cima della montagna.
    Già ,se n'era dimenticato, lui e Faraji erano scesi da quelle vette impervie per fare un buon pasto e rubare preziosi.
    C'era anche il dolce sapere metallico dell'oro, ed era sicuro che non provenisse solo dai suoi collari e gioielli. Che il ragazzo avesse dell'oro con sé, oltre a quella bella gemma blu sulla fronte? Beh, era probabile, chi non gira con dei soldi in tasca per ogni evenienza? Anche se quella strana tunica non sembrava avere tasche. Stava forse stingendo qualcosa nella mano?
    << Gli umani del villaggio a qualche ora di volo veloce da qui, verso Est, lo chiamano "La valle dei mille colori", perché sia in primavera che in autunno fioriscono piante di decine di colori diversi. >> rispose tranquillamente Faraji, distraendo Jelani dai suoi pensieri.
    Anche alla testa sinistra era sembrata parecchio strana e sospetta la risposta del ragazzo, ma decise di non dargli subito molto peso.
    << Gli uomini nomadi che spesso l'attraversano la chiamano...com'era già? Ah sì, Ta'ni, ma non so cosa voglia dire nella loro lingua. >> aggiunse Jelani.
    << Insomma, ognuno la chiama come preferisce. Per noi è semplicemente "la valle". >> concluse l'altra testa, annuendo lentamente.
    Ci fu una lieve pausa, scandita dai movimenti fluidi della coda del drago. Le due teste si stavano scambiando pareri ed informazioni nel loro linguaggio segreto. Un certo modo di muovere la coda, prendendo possesso dei sui muscoli per poi lasciarli nuovamente alla mente dell'altra testa per la risposta, o un movimento furtivo degli artigli, uno sbuffo o un leggero movimento del capo davano vita a complessi messaggi in codice che solo loro due potevano decifrare. Era una cosa che avevano dovuto inventare per forza quando era ancora un cucciolo e gli era tornata utile in una miriade di situazione diverse, salvandogli anche la vita in qualche caso.
    Jelani mise al corrente Faraji che quel ragazzo stava nascondendo dell'oro da qualche parte, anche se non sapeva dove, facendo schioccare distrattamente la coda come una frusta e tintinnare gli anelli d'oro e la catena che gli pendeva dal corno sano.
    Lui gli rispose, con un rapido movimento degli artigli di una zampa, che l'avrebbero cercato tranquillamente dopo aver preso lo zaffiro.
    Jelani, sbatté lentamente le palpebre e Faraji, come se non si fossero detti nulla, tornò a concentrarsi sul ragazzo.
    << Oh, scusa le nostre maniere, non siamo abituati a parlare con la gente della tua razza. So che voi ci tenete a sapere i nomi delle persone con cui parlate, giusto? Bene io sono Faraji mentre lui è Jelani. >> si presentò, mostrando gli aguzzi denti bianchi in uno strano sorriso.
    Mentre le due teste aspettavano che anche il ragazzo si presentasse qualcosa ai margini del campo visivo di Faraji catturò la sua attenzione. Qualcosa, in lontananza, si muoveva alle loro spalle.
    La sua testa si voltò di scatto, sibilando, mentre l'altra si voltava più lentamente a guardare.
    C'erano altri draghi. Due sembravano essere piuttosto giovani, forse della sua età, mentre l'altro dalla taglia sembrava un cucciolo.
    << Ma guarda quante belle sorprese abbiamo oggi. >> commentò tranquillamente Jelani.
    Post un po' scarno, scusate D:
    Comunque sì, hanno un linguaggio tutto loro fatto di gesti comuni per dialogare tra loro senza essere capiti da altri. Non ho voluto usare la telepatia legata gli elementi che c'è nel GdR perché voglio che questo drago sia "più classico" in un certo senso, senza poteri magici veri e propri, senza poteri strani, quindi anche senza telepatia.
     
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    Il drago dal manto color del cielo sbatté le palpebre, come se non fosse sicuro di ciò che aveva visto o creduto di vedere.
    Passò gli artigli sull'erba su cui rimase prono per qualche momento. Si voltò prima verso Leinur, poi verso il draghetto che avevano oltrepassato in maniera non troppo elegante. Il suo sguardo brillò d’ira funesta, mentre si chiedeva di quale realmente fosse stata la dinamica dei fatti.
    "Aihur!" Esclamò il drago nero, confuso e leggermente frastornato dalla botta improvvisa. "Ma che combini"
    "Lo sgorbietto! è stato lui..." Rispose Aihur, indicandolo con astio sia nella voce che nei gesti.
    Leinur, prima di preoccuparsi dell'accaduto si rese conto che la sua mente si era concentrata sulla ferita dello strano cucciolo di drago, che in un modo o in un altro per colpa loro si era ferito. Fece per avvicinarsi, ma venne preceduto. Il draghetto si rivolse ad Aihur, il quale dal canto suo ebbe l'istintivo impulso di piantargli un artiglio in fronte.
    Il fratello gli rivolse una fugace e impercettibile occhiataccia, che qualcun'altro avrebbe potuto scambiare per un semplice sguardo al vuoto, ma che entrambi sapevano significare "stai buono".
    Aihur compì un grande sforzo di volontà per trattenersi, ma rispose con la disinvoltura più sincera che riuscì a manifestare.
    "Nessun problema. è colpa nostra, chiedo scusa"
    Fu certo di sentire Leinur tirare un sospiro di sollievo, ma anche di averlo stupito: quella sua facile resa non era mai stata tipica del suo modo di fare.
    Per un attimo i loro sguardi si incontrarono, poi Leinur avanzò verso il grosso drago che prima il fratello aveva definito come "inciampato sul suo tesoro" e effettivamente non poteva confessare di disapprovare del tutto. Accorciò la distanza che li separavano e da lì poté avere una comprenzione più completa di quale fosse l’aspetto dei presenti.
    La creatura era interamente ornata di strani gioielli e oro in ogni parte del corpo, e questo gli diede un'immagine generale di quello che sarebbe potuto essere il suo carattere: un tipo che non gli andava molto a genio.
    Ma non era lì per farsi andare a genio gli altri.
    "Sorprese? siete voi la sorpresa da queste parti... non so se mi spiego" Disse Aihur, indicando prima l'umano di fronte al drago poi il draghetto.
    “E non guardarmi in quel modo, non siamo qui per dare fastidio”
    Il vocabolo pensare prima di parlare non faceva parte del suo inventario ne di quello di Leinur, il quale Si ritrovò a fissare con indecisione entrambi i volti del drago, trovandosi a disagio di fronte a due paia di occhi che lo osservavano contemporaneamente dallo stesso corpo. Qualcosa gl suggerì che gli occhi in grado di vederlo erano solo quelli esterni, di un profondo azzurro che rispecchiava, a suo parere, due menti piuttosto dissimili, anche a giudicare dalle loro espressioni. L’intenditore in quel settore era però Aihur, ancora preso dalla loro prima conoscenza che aveva paura di lasciar sola con il fratello.
    Non sapeva come iniziare un sensato dialogo, il motivo per cui era da quelle parti non sarebbe mai potuto essere influenzato da un ipotetica conversazione né conil drago, né tanto meno con l’umano.
    Tornare a casa a mani vuote però non era da loro, quindi, nonostante quello a cui davano la caccia non era di loro minimo interesse, non si sarebbero dati pervinti tanto facilmente; avrebbero scoperto quale mistero celasse il tesoro dei globi fatui.
    Sfortunatamente non era solo e perdere interi minuti a rimuginare in silenzio non avrebbe giovato all’idea che gli altri si sarebbero fatti di lui, quindi cercò di far uscire qualcosa dalle fauci.
    “Piacere drago, io sono Leinur”
    Il primo impatto, considerando la reazione dell’interlocutore nel rendersi conto della loro presenza, non era stato dei migliori; ma magari era una delle sue solite strane impressioni.

    Edited by Aesingr - 2/12/2014, 03:19
     
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    Nonostante la batosta sembrava tutto apposto, ma uno dei due draghi si era accorto del suo velocissimo tentativo di colpirli e lo stava già accusando.
    Sentendosi un po' in colpa e doveroso di porre delle scuse, soprattutto per la sua incolumità, anche dopo che i due draghi si erano scusati, tenne la testa china, -Sono felice che non vi siete fatti male. Ma suppongo che possa essere stata "parzialmente" mia la colpa. Se posso fare qualcosa per farmi perdonare... disse rivoltò ad Aihur.
    Essere servizievole gli era sempre riuscito bene ed era certo che far sparire subito ogni briciola di ostilità avrebbe reso qualunque azione futura molto più semplice.
    Ora era curioso di vedere anche le altre due creature, soprattutto l'umano che da lontano non l'aveva visto nei minimi dettagli, ma ora... Ora si stava già dirigendo verso di lui.
    Gli si fermò accanto, annusando i piedi, la tunica e allungo anche il collo verso l'alto cercando di arrivare ad annusare una mano. Quelle venature argentee lo lasciavano perplesso: che fosse un nuovo tipo di sangue? In quel caso avrebbe voluto assaggiarlo, ma si ritrasse sia fisicamente che nei suoi pensieri, allontanando quel desiderio. Se voleva del sangue se lo doveva guadagnare.
    Si rese conto in quel momento che erano cominciate le presentazioni, ritrovandosi parecchio a disagio ed indietreggiò di qualche passo sperando solo che nessuno si ricordi di chiedergli il nome. Almeno era certo che Aihur non si sarebbe certo fatto problemi a chiamarlo "sgorbietto" cosa che non lo infastidiva affatto, anzi, se tutti imparassero a dargli solo quel soprannome sarebbe stato tutto risolto.
     
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  4. Midnight Dragon
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    <<Ta'ni>> mormorò Sylverion, memorizzando quel nome. Jelani e Faraji evidentemente non lo sapevano, ma nel momento stesso in cui sentì pronunciare quel nome seppe che i viandanti ritenevano quel luogo pacifico e sereno. "Ta'ni", ovvero "rifugio", probabilmente per coloro che vi si fermavano per recuperare le forze. Non l'aveva mai sentito, eppure quel nome - appartenente ad una cultura ignota - gli era subito parso rassicurante, ricco di calma e placida sicurezza, e ne aveva subito indovinato il significato. Non lo disse, ma lo pensò, perché faceva ancora fatica a formulare vere e proprie frasi logiche, nel pensare. Tutto gli veniva sempre così istintivo che mai aveva sentito bisogno di formulare parole - addirittura frasi -, eppure doveva, si disse, essere una delle mille cose imparate e ora inconsciamente assimilate. Il villaggio gli parve subito il luogo ideale in cui mettere piede, subito, per capire cosa era successo, dove si trovava e come funzionava la vita in quella regione. Aveva forse ottenuto l'informazione più importante da quando aveva messo piede - diciamo inciampato - sull'erba, privo di sensi. Di colpo, sentì di non aver più bisogno di Faraji e Jelani, anche se un moto di civiltà nei loro confronti gli impedì di congedarsi seduta stante e di avviarsi al villaggio. Si sentì piuttosto maleducato ad averlo pensato ma, di nuovo, quando aveva imparato l'educazione?

    Comunque, qualche ora di volo per Sylverion significava che il villaggio era davvero vicino, che si sarebbe preso tutto il tempo per compiere il tragitto lasciandosi accarezzare dal vento- e gli sovvenne che in quel momento non aveva né le sue così familiari ali né tutto il resto. Si morse il labbro: avrebbe dovuto capire come tornare un drago o avrebbe dovuto camminare per almeno una giornata. Faraji e Jelani ripresero a servirgli, per il momento, anche se avrebbe preferito mille volte fare la strada da solo. Ritenendo che tanto non fosse un azzardo rischiare nel dare il proprio nome a qualcun altro, si presentò: <<Io invece sono...>>. Ci dovette pensare. Sapeva di avere un nome - altra conoscenza che filtrava dal vuoto di memoria - ma qualsiasi esso fosse non gli era stato dato in gioventù: i draghi - dalle sue parti - non avevano tempo per finezze come i nomi, si riconoscevano a vista e ad olfatto. Funzionava molto meglio, almeno così aveva pensato fino a qualche tempo fa. Desiderò sapere il proprio nome e - non senza una punta di sorpresa - esso rispose alla sua silente chiamata ed arrivò. Evidentemente la sua memoria aveva deciso di concedergli un piccolo lusso. <<Sylverion>>.
    Fece per aggiungere qualcos'altro - ora che riusciva ad essere più lucido aveva cominciato a risparmiarsi alcune delle stranezze che avevano così incuriosito il drago rosso - quando una lieve folata di vento portò, seppur leggero, un miscuglio di altri odori, nello stesso istante in cui Jelani comodamente commentava:<<Ma guarda quante belle sorprese abbiamo oggi.>>

    C'erano così tanti nuovi arrivati che si maledisse mentalmente per non averli fiutati. D'accordo che c'era il vento, ma tre draghi - tre! - non avevano un odore in grado di passare propriamente inosservato, specialmente se a fiutarlo era un altro drago. Quello che si era presentato come Leinur, un esemplare molto più tipico rispetto al suo primo incontro nella valle - era alto quasi quando Faraji e Jelani, anche se al posto del rosso le sue scaglie erano nere e lucenti, e a occhio e croce doveva essere molto più in forma dei primi. Qualsiasi dettaglio che osservò in lui gli diede l'idea di un esemplare adulto di quelli portati fisicamente come capobranco, e intuì che doveva essere semplicemente nato così. Il suo odore era il più caratteristico, intenso e un po' acre, che assomigliava piuttosto vagamente a quello di alcune alghe. Qualcosa nella sua misteriosa istruzione fece sì che gli fosse molto più simpatico di chiunque altro lì presente, fosse anche solo per la maggiore cortesia nelle sue parole e nel suo esprimere curiosità in forma molto più discreta di quando il drago rosso non avesse fatto. L'altro - suppose che fosse un amico, un fratello o un compagno di caccia, sempre ammesso che la loro cultura fosse simile a quella del suo branco - era diverso, sotto molti aspetti. Tanto per cominciare, era grande la metà e tanto uno sembrava un capobranco, tanto l'altro assomigliava allo scarto della natura. Senza disprezzo, il disprezzo non era nella natura di Sylverion, semplicemente la constatazione che un individuo del genere pesava sullla comunità, di solito. Nel suo branco, sarebbe morto di stenti nella neve nel tentativo di cacciare una preda, o sarebbe stato lasciato indietro da tutti gli altri. Probabilmente o il suo branco non viveva in condizioni al limite della sopravvivenza, o non era usanza applicare la legge naturale del più forte - ed il suo lato umano apprezzò molto quello che immaginò, nella sua mente fervida, doveva essere una sorta di amore fraterno di Leinur nel proccuparsi di lui. Se aveva sentito bene, il gracile drago celeste doveva chiamarsi Aihur, e aveva un che di quella che poteva essere o arroganza o semplicemente malcompreso modo diretto di comunicare. A Sylverion non piacque essere così indicato, ma si prese comunque la briga di studiare il suo odore come aveva fatto per Leinur, memorizzandolo come caratteristico, anche se indubbiamente più fine dell'altro.

    E poi c'era il terzo. Togliendo l'insolita piumatura che ci poteva stare, togliendo la sua taglia assimilabile a quella di un lupo, che comunque per inciso avrebbe dovuto significare un posto molto più basso nella catena alimentare e una mortalità molto maggiore di quella di un drago, c'era il suo odore. Era di una finezza mai sentita: sapeva appena appena di volpe, una cosa piuttosto inusuale dato che l'odore caratteristico della stirpe draconica c'era, ma praticamente coperto da qualcos'altro che non riusciva ad identificare. Non era profondo, perché dovette respirare più volte per riuscire ad avvertirlo, ma c'era qualcosa di tremendamente innaturale che lo fece rabbrividire. Non potè capire cosa, ma quando gli si avvicinò per annusare la mano, non fu il solo a ritrarsi: anche Sylverion lo fece, non per spavento né per ostilità, ma per l'inquietudine di non saper identificare un odore che di cui non aveva mai sentito eguali.

    "Da che pulpito" pensò tra sé e sé, trattenendosi dal rispondere però ad alta voce ad Aihur su che cosa dovesse essere una sorpresa. Istintivamente fece qualche passo verso Leinur, cercando di tenersi alla stessa distanza da tutti, anche se a dire la verità voleva semplicemente avvicinarsi a lui. Faraji e Jelani, per quanto cordiali fossero stati, erano troppo strani per i suoi gusti. Tutti lo erano, a dire il vero, ma tra tutti la sua istintiva simpatia andò al drago nero, che sommessamente ammirò, dato che il ricordo della sua vita selvaggia era ancora vivido e trovava perfettamente normale ammirare il più forte, un retaggio di com'era vivere sotto un capobranco. Si riprese subito da quegli istanti, anche se si promise di indagare più a fondo per scoprire se si potesse fidare di lui. Quindi, prese l'iniziativa: <<No, non sono di queste parti>> e prese un respiro, formulando la prossima frase. Gli riuscì un po' meglio. <<Dove siete diretti? Forse potete aiutarmi a trovare una strada sicura che porti... per esempio a Ta'ni?>> chiese, soddisfatto. Ci stava prendendo gusto.
     
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    << Mi spiace contraddirti ma noi, e con noi intendo me e quest'altra testa montata su questo corpo, non siamo una grande sorpresa da queste parti. Il nostro territorio si espande lungo questa catena montuosa e questa è una zona che frequento spesso per via di alcune...prede che apprezziamo molto. >> rispose Faraji, cercando di camuffare il risentimento per il tono che aveva usato il drago azzurro nel rivolgersi a loro con il suo solito tono affabile.
    << Le uniche vere sorprese qui, per quanto ci riguarda, siete voi tutti. >> concluse mentre le sue zanne si snudavano di nuovo in un sorriso per nulla cortese.
    Faraji e Jelani avevano sempre odiato avere altri draghi intorno. Anche senza parlare con la loro sola presenza riuscivano a ricordare alle due teste del drago quanto il suo corpo fosse sbagliato, quanto fosse sbagliato il fatto che fosse riuscito a sopravvivere contro ogni previsione, quanto fosse sbagliato che fosse vivo.
    E se questo riuscivano a farlo senza aprire bocca quando la aprivano, e l'aprivano spesso, era anche peggio.
    Con disgusto Jelani ripensò alla sua infanzia mentre i nuovi arrivati e il ragazzo, Sylverion, facevano conoscenza. Ricordava ancora tutti i modi in cui i cuccioli del suo vecchio branco lo chiamavano, come lo isolavano e lasciavano in disparte perché era uno sgorbio, come gli adulti lo guardavano con disgusto, rabbia odio o pena chiamandolo scherzo della natura. E i suoi genitori erano tra loro, erano i primi a non riuscire neppure a guardarlo. Ricordava benissimo la rabbia negli occhi d'ambra di suo padre, il fumo che si alzava dalle sue narici. "Dove ho sbagliato?" aveva ruggito una volta, infuriato, "Perché gli dei mi hanno dovuto castigare dandomi...questo come figlio?!".
    Ricordava anche la pena negli occhi turchesi di sua madre, che guardava con aria sognante i cuccioli delle altre dragonesse. Jelani si era sempre immaginato che sognasse che quei draghetti fossero figli suoi, così belli e forti, e lui così ripugnante e malaticcio fosse il figlio di qualcun'altra.
    << Il piacere è nostro. >> sibilò sforzandosi per distogliersi da quei ricordi, facendo nuovamente scivolare la lingua fuori dalle fauci come un serpente, rispondendo al drago nero che si era rivolto a loro.
    Era il più grande tra i nuovi arrivati, i loro occhi azzurri non dovevano guardare troppo in basso per incontrare i suoi, senza contare il fatto che era decisamente più in forma. Il sapore che aveva portato con sé era umido e dolciastro, forse quel drago viveva in un ambiente ricco d'acqua o era legato in qualche modo a quell'elemento.
    Jelani e Faraji avevano sentito storie di draghi che comandavano l'acqua, o la terra o altri elementi, ma non ne avevano mai visto uno dal vivo e per loro erano soltanto storie. Loro sapevano soffiare fiamme come tutti gli altri draghi del suo vecchio branco e non avevano alcun controllo su di esso.
    Jelani si lasciò scappare un sibilo di frustrazione. Sarebbe stato molto più difficile uccidere il ragazzo per sottrargli lo zaffiro e l'oro con tutta quella cagnara intorno!
    Faraji gli lanciò un'occhiata: "C'è ancora tempo, aspettiamo e vediamo come si evolve la situazione" diceva il suo unico occhio celeste, che ai bordi appariva quasi violetto per via di come la luce lo toccava.
    Il suo, che appariva quasi grigiastro, si chiuse lentamente mentre sospirava. Anche se quei nuovi arrivati non si fossero ritorti contro di loro per difendere il ragazzo umano molto probabilmente vedendo il suo fisico poco atletico ed imponente avrebbero comunque lottato per accaparrarsi il bottino. L'aveva visto un milione di volte nel suo branco, tutti lottavano contro tutti per un pezzo di carne o un qualche tipo di tesoro che spesso non era nemmeno oro dati i pochi uomini nelle vicinanze.
    << Come abbiamo detto poco fa al qui presente Sylverion...>> disse a quel punto Faraji rivolgendosi anche lui a Leinur, << io sono faraji mentre lui è Jelani. >>
    Si ritrovarono a sperare che non arrivasse più nessuno per non dover ripetere le presentazioni una seconda volta.
    Faraji osservò con curiosità lo strano draghetto, che dopo aver annusato il ragazzo aveva cominciato ad indietreggiare leggermente.
    Anche quel draghetto non aveva un aspetto molto comune. Non era nemmeno sicuro che fosse poi così giovane, sembrava semplicemente essere tremendamente piccolo. Che fosse affetto da nanismo? No, quella non doveva essere la spiegazione giusta. La testa era proporzionata al corpo e tutto sommato non dava l'idea di un qualcosa affetto da nanismo. Per non parlare dello strano odore che emanava.
    Si chiese se anche la sua infanzia, nel caso fosse effettivamente finita, fosse stata uno schifo come era stata la sua.
    Entrambe le teste rimasero comunque in silenzio alla domanda di Sylverion, lanciandosi un'occhiata furtiva.
    Però è bello come pezzo per pezzo ognuno aggiunga qualcosa alla location o al suo mondo in generale, è come se stessimo facendo un grosso puzzle senza sapere che immagine hanno in mente gli altri XD
    Non so voi ma io lo trovo un casino divertente XD
     
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    modificatina velocissima al messaggio, non ho detto praticamente nulla ma in somma per rendere le cose complete e non mettere in difficoltà Shiny


    Scuse? Per qualche strano motivo le scuse della piccola creatura lasciarono esterrefatto Aihur, che rivolse al draghetto una stranna occhiata non troppo convinta.
    "Si beh... mi hai quasi falciato il muso, ma credo sia stata una reazione istintiva alla nostra emozionante apparizione giusto? Quindi..."
    Non seppe cosa aggiungere, perché si aspettava ben altro comportamento da quell'insolito essere che già dal principio gli aveva dato un'impressione malevola. Probabilmente si era sbagliato, non sarebbe stata né la prima né l'ultima volta.
    Per quanto fosse abituato a interpretare anche i segnali più insignificanti provenienti da chi lo circondava aveva anche lui dei limiti.
    Lo osservò avvicinarsi agli altri e quasi per istinto decise di volerlo imitare, anche perché Leinur si era già gettato verso di loro con convinzione e fin troppa semplicità. Era lui di solito quello da riportare nella giusta strada, probabilmente in quelle nuove conoscienze doveva esserci qualcosa di decisamente particolare, oltre al loro aspetto chiaramente, che suo fratello doveva aver notato.
    "Noi infatti non viaggiamo per queste terre" Disse Leinur rivolto a entrambe le teste del drago rosso, un po' spiazzato dall'idea di parlare con due personalità distinte. "siamo quì di passaggio ma ci siamo fermati per un po'"
    Dovette confessare che un po' quella situazione lo metteva a disagio, era come se davvero si sentisse lui quello fuori posto, quello... troppo normale.
    Colse quello strano sorriso come un allarme d'allerta, se l'interlocutore non avesse avuto buone intenzioni sarebbe stato pronto.
    Aihur invece non era molto rassicurato dal vedere Leinur di fronte al drago rosso, forse perché non sapeva come giudicarlo, forse perché in lui percepiva un'indecifrabile inquietudine. Come se le fiamme che divampassero dentro di lui racchiudessero una qualche lontana tristezza, di cui preferì non curarsi per il momento. Accidenti alla capacità di percepire tutto!
    In ogni caso non avrebbe dovuto temere per il fratello, sapeva egregiamente cavarsela da solo. Ansi, spesso si era ritrovato a dover pensare persino a lui. In fondo Aihur non era mai stato portato per le battaglie e le missioni assegnate loro dagli ansiani di Alkanar, piccola terra da cui non potevano dire neanche di provenire in quanto semplice zona di ritrovo per il loro "branco", e aveva spesso rischiato di mettere in pericolo il compimento della missione stessa.
    Ma Leinur c'era sempre stato, per lui e per gli altri e per questo non avrebbe mai finito di ringraziarlo. D'altro canto secondo Leinur proteggere il fratello, oltre che moralmente necessario secondo il concetto di fratellanza che li univa, era necessario anche per il risolversi delle missioni in cui Aihur si era dimostrato estremamente utile in svariate situazioni se non fondamentale. Da sempre lavoravano uniti, nella mente e nel corpo, estranei a tutti gli altri e credendo solo in se stessi e l'uno sull'altro. Ad Aihur tornò alla mente un episodio che aveva segnato entrambi, ma che scelse saggiamente di rimandare, altrimenti avrebbe rischiato di perdersi come al solito in uno di quei lunghi e articolati flussi di pensieri da cui non riusciva ad emergere facilmente. Era sempre stato impulsivo e non amava riflettere, ma se si trattava di riesumare il passato e i giorni dell'infanzia scendeva sempre troppo in profondità nei pensieri per poterne risalire rapidamente.
    Notò solo in quel momento il sorriso comparso tra le labbra di una delle teste del drago rosso, in risposta al suo precedente commento.
    Si trattenne dal rispondere come avrebbe voluto, c'erano troppi eventuali avversari nei dintorni, per quanto assurdi e poco portati alla battaglia potessero sembrargli e in quei casi... il compito di sterminarli sarebbe toccato a Leinur. Finse di non aver notato l'astio con cui venne fissato, avvicinandosi a Leinur, che stava conversando con l'insolito umano appena conosciuto.
    Insolito, strano... non c'era niente al suo posto in quella bizzarra situazione.
    Il drago nero dal canto suo fissava interrogativo il ragazzo di fronte a se, senza studiarne più di tanto l'aspetto, era più curioso riguardo alla richiesta che gli aveva posto.
    Era sempre stato piuttosto diffidente verso gli umani, che secondo lui erano troppo, troppo diversi per capire le altre creature. Eppure qualcosa in Sylverion gli suggeriva di non trovarsi di fronte ad uno di loro, o per lo meno non ha un umano di cui lui si era fatto un'idea nel trascorrere degli anni.
    "A Ta'ni? è da lì che provieni? non è lì che siamo diretti, o meglio non abbiamo una meta specifica al momento, ma potremo accompagnarti se vuoi"
    Aihur, persosi la richiesta di Sylverion, dedusse che il ragazzo stesse chiedendo loro aiuto per raggiungere Ta'ni, la famosa valle in cui non avevano messo piede per più di una volta.
    "Ei..." Disse rivolto a Leinur, avvicinandosi e sfiorandolo su una delle zampe posteriori con una spalla. "Queste novità così improvvise? noi dobbiamo..."
    "Non siamo arrivati a capo di niente e viaggiamo ormai da giorni. Le grotte d'ardesia erano una pista falza e anche le indicazioni degli anziani si sono rivelate inutili. quindi abbiamo tutto il tempo di fare come ci pare"
    La risposta di Leinur fece sorridere Aihur, che se l'aspettava parola per parola. Forse infatti quelle parole erano causate semplicemente dalla presenza di qualcun'altro che magari non avrebbe gradito il loro personale modo non molto comune di comunicare a suon di codate sul muso.
    Poi una strana percezione colpì i sensi di Aihur, che lanciò una rapida occhiata a Sylverion.
    Qualcosa in lui non lo portava a sentirsi a disagio come con altri umani di cui aveva avuto esperienza e, nonostante non si permise di farlo notare, la sua presenza non lo disturbava come avrebbe fatto quella di un ragazzo qualunque.
    In oltre la sua energia aveva qualcosa di insolito. Sentiva la stessa sensazione che avrebbe provato di fronte ad una creatura appartenente alle energie fredde, ma nessun umano aveva mai posseduto un potere simile, per quanto ne sapeva. Che la sua energia provenisse dalla pietra che aveva incastonata sulla fronte?
    Qualunque fosse stata la risposta non aveva importanza, sicuramente meglio degli strani ghigni del drago rosso, non eccessivamente rassicuranti.
    Leinur spiegò leggermente le ali, fino a quel momento distese lungo i fianchi.
    "Come preferisci giungere a Ta'ni? potremo esserci in pochi minuti di volo"
    Richiesta decisamente particolare, ma se in quella situazione c'era qualcosa di normale o sensato non era ancora riuscita a decifrarla, quindi non se ne curò minimamente.

    Edited by Aesingr - 9/12/2014, 03:13
     
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    Il draghetto non era molto abituato a prendere un ruolo nei discorsi collettivi ed esclusa la risposta di Aihur, si tenne in disparte dal resto del gruppo.
    Di cosa avrebbe dovuto parlare? In quel momento, l'unica cosa che gli interessava era il fatto di aver lo stomaco vuoto.
    Girò attorno al gruppo più volte, non per studiarli da più punti di vista, ma semplicemente perché on gli andava di stare fermo. Si fermò poi quando ebbe raggiunto un punto alle spalle del drago a due teste e si sedette. Colse le ultime frasi del discorso, dove le creature parlavano di un posto chiamato Ta'ni. Ne aveva sentito parlare da qualche mercante che si aggirava ogni tanto per quelle valli. Oppure fra le chiacchere di qualche forestiero di passaggio.
    In ogni caso, non era un posto che gli aggradava molto. C'era sempre troppa folla.
    In preda a calmare un ennesimo borbottio del suo stomaco provò a chiamare ad appello gli altri stranieri: -Voi avete fame? Io andrei un po' a caccia se non vi dispiace. Volete venire anche voi?- Aspettò una risposta, anche se temeva di aver palrlato un po' piano per essere udito da tutti.
     
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  8. Midnight Dragon
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    << A Ta'ni? è da lì che provieni? Non è lì che siamo diretti, o meglio non abbiamo una meta specifica al momento, ma potremo accompagnarti se vuoi >>. Sylverion annuì contento, con un gran sorriso. Probabilmente Leinur non poteva saperlo, ma gli stava facendo un gran favore, forse gli stava letteralmente salvando la vita. Che avrebbe potuto fare, altrimenti, senza la più pallida idea di come fosse finito in quel luogo, senza ricordi, con un'amesia simile? In quel momento avrebbe fatto i salti di gioia, non fosse stato che qualche cosa nella sua testa gli suggerì di avere una piccola cosa chiamata contegno. Dunque si contenne.
    << Come preferisci giungere a Ta'ni? Potremo esserci in pochi minuti di volo >> riprese Leinur.
    << Sarebbe fantastico! >> esclamò Sylverion di tutta risposta, con un entusiasmo che lo stupì un po'. Già si immaginava il poter tornare a volare - per tutta la neve del mondo, avrebbe dato ogni cosa per poter volare di nuovo - anche se sulle ali di qualcun altro. Ponderò la nuova prospettiva: com'era volare cavalcando un drago? Non ci aveva mai pensato, anche se decise che avrebbe tenuto per sè il fatto di essere lui stesso un drago, trasformato in umano: sarebbe stato... strano. Un drago che cavalca un drago. Suonava come uno scherzo, ma non si poteva lamentare ed era curioso di scoprire come fosse provare quella nuova esperienza. Istintivamente pensò che se lo sarebbe goduto tutto, il tragitto fino a Ta'ni.

    Qualcosa però lo preoccupò in quel momento, parzialmente oscurando tutto il resto. Fino ad ora aveva trascurato Faraji e Jelani, perdendosi nel desiderio di poter tornare a volare, ma se poteva andare a Ta'ni senza quel drago rosso, poteva dunque stare tranquillo: o meglio, il suo istinto preferiva fidarsi di Leinur piuttosto che di quel suo primo insolito incontro. La parvenza di cordialità che le due teste avevano usato fino a quel momento stava inesorabilmente scemando, anche se Sylverion non poteva sapere perché. Poteva solo sospettarlo, tirare a indovinare, ma non ci voleva un genio a capire che qualcosa lo stava infastidendo. Forse era la presenza di tutti quei draghi, anche se a dire il vero il ragazzo lo trovò giustificato solo per il drago nero: nessun altro sarebbe sembrato una minaccia ai suoi occhi. Il più forte, indiscussamente, sembrava proprio Leinur. Se poi era vero che quello era il suo territorio, il suo astio era ancora più giustificato che mai. Gli sorse un dubbio: anche lui si trovava lì ora. Anche lui aveva occupato il suo territorio. E ogni drago che si rispetti protegge le proprie terre dagli stranieri: anche con la forza, se loro non gli portano rispetto. Sentì che l'atmosfera era diventata un po' più tesa di prima. C'era il rischio che Faraji e Jelani avessero preteso qualcosa da loro per lasciarli passare indenni. Nuovamente, d'istinto strinse il pungo, la moneta d'oro nascosta sempre lì dentro. "L'oro per me non ha valore" pensava. "Ma non possono averla, è il mio unico indizio su come sono finito qui!". E sebbene sapesse di non avergliela mai mostrata, iniziò a dubitare che non se ne fossero accorti, dopotutto. Sperò solo di sbagliarsi.

    Fu così che l'intervento più innocente di tutti cadde provvidenzialmente nel momento più adatto per sciogliere la tensione - o per mandare tutto rovinosamente a rotoli: << Voi avete fame? Io andrei un po' a caccia se non vi dispiace. Volete venire anche voi? >>.
    A parlare era stato il piccolo drago che lo aveva inquietato fin da subito, e sebbene lo avesse fatto con un tono di voce un po' bassino, in quel momento di silenzio fu perfettamente udibile da tutti. Bastò quello, quel repentino cambio di discorso perché Sylverion si ritrovasse a trattenere il fiato: il piccoletto aveva, consciamente o meno, chiesto il permesso di cacciare. Se per Faraji e Jelani questo non fosse stato non problema, sarebbe forse bastato quello per sciogliere momentaneamente la tensione, cambiare il discorso spostandolo su qualcosa che avrebbe messo d'accordo tutti - di sicuro anche lui, che si accorse solo in quel momento di avere un discreta fame, chissà a quando risaliva il suo ultimo pasto... - e che avrebbe rimandato le ostilità. Possibilmente a mai: tra la fame e il restare un secondo di più in quel luogo, tutto sommato avrebbe potuto rimandare il pranzo. Prima raggiungeva Ta'ni, prima poteva considerarsi al sicuro.
    Ma il problema sorgeva se a loro non fosse piaciuta l'idea che altri cacciatori si nutrissero entro i confini di quelle terre. Come minimo avrebbero rifiutato. Sylverion ritenne saggio non cacciare a prescindere. Ma il problema era che se l'astio del drago rosso fosse culminato in uno scatto d'ira e di ostilità verso gli stranieri la situazione sarebbe diventata pericolosa, e non sapeva se nella sua attuale condizione avrebbe avuto qualche possibilità di reagire. Sperò vivamente che le usanze di quelle terre fossero di gran lunga diverse da quelle del proprio vecchio branco - del resto qualche segno di civiltà questi draghi lo mostravano - , perché altrimenti la cosa sarebbe rischiato di finire nel sangue. Ma forse stava correndo troppo con l'immaginazione.
     
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    << Capisco. >> rispose Jelani al drago nero quando spiegò che erano solamente di passaggio.
    L'aveva immaginato che né quei draghi né l'umano fossero dei dintorni, dato che non li aveva mai visti prima.
    Ma c'erano cose più importanti di cui dovevano preoccuparsi lui e Faraji rispetto alla provenienza di quegli stranieri. La situazione gli stava sempre più sfuggendo dagli artigli.
    Sylverion non solo aveva chiesto che gli venisse indicata la strada per arrivare a Ta'ni, ma quel impiccione del drago nero si era pure offerto di accompagnarlo in volo!
    Jelani cominciò a pentirsi di aver dato retta a Faraji, avrebbero dovuto ucciderlo subito per rubargli tutto ciò che possedeva oltre a quel meraviglioso zaffiro. Adesso quel ragazzino disponeva di alleati che l'avrebbero difeso dagli attacchi del drago rosso.
    O almeno era quello che sospettava Jelani.
    Anche Faraji pensava che la situazione stesse prendendo una brutta piega, ma non era così sicuro dell'eventuale schieramento dei presenti. Erano, in fin dei conti, tutti estranei. Perché qualcuno dovrebbe rischiare la vita per difendere un ragazzotto umano mai visto prima?
    Ma, in ogni caso, era meglio essere cauti.
    << Secondo me stai facendo uno sbaglio, ragazzino. >> esordì Faraji, puntando il suo unico occhio celeste in uno di quelli del ragazzo.
    << E voi, forse perché come avete detto non siete di qui, state ignorando un dettaglio fondamentale. Gli uomini che chiamano Ta'ni la valle sono nomadi, di conseguenza non sono sempre lì tutto l'anno. E se anche ci fossero, Sylverion non assomiglia neanche lontanamente a loro e non li ho mai visti accogliere stranieri a braccia aperte. >>
    Non stava effettivamente mentendo, anche se la realtà poteva non coincidere alla perfezione con le sue parole. Era sì vero che quegli uomini erano nomadi ed era altrettanto vero che erano diversi da Sylverion poiché avevano la pelle abbastanza scura e capelli neri. Ma che fossero ostili agli stranieri erano solo congetture. Effettivamente non li aveva mai visti relazionarsi con esseri umani diversi da loro, ma non perché non lo facessero assolutamente ma perché alle due teste non importava spiare i nomadi tutto il giorno per tutti i mesi che passavano a Ta'ni.
    In ogni caso, Faraji aveva aperto bocca solo per prendere tempo. Lui e Jelani dovevano decidere in fretta il modo più sicuro di agire per assicurarsi la vittoria anche con un'eventuale schieramento degli altri draghi a difesa del ragazzo umano.
    E fu proprio in quel momento di silenzio dopo le parole della testa di sinistra, che quello strano draghetto aprì bocca.
    Faraji e Jelani se l'erano ormai praticamente dimenticato, dato che non faceva altro che zompettare intorno a tutti senza dire niente. In più era piccolo, non era una vera minaccia in caso di rissa.
    Ma le sue parole, dette forse ingenuamente, suonarono alle orecchie di Jelani come un'insulto.
    La testa di destra si girò di scatto verso il draghetto, sibilando di rabbia e fumando dalle narici e questa volta la testa di sinistra non fece nulla per fermarla, dato che anche a lui era sembrata una mancanza di rispetto quella domanda.
    << Sì, e poi cos'altro? Vuoi anche che t'inviti nella nostra tana e divida il nostro oro con te? >> gli ringhiò contro.
    Il suo corpo che era rimasto seduto da quando i draghi si erano uniti al gruppetto si alzò in piedi e le ali si aprirono leggermente, assumendo una posa dominante mentre si orientava verso il draghetto.
    << Non so da quanto tu sia qui, perché non ti ho mai visto prima, ma come ho già detto poco fa questo è il nostro territorio. Mio e di Faraji, non tuo. Tu non chiedi agli altri se vogliono venire a cacciare con te, tu al massimo chiedi a noi se puoi cacciare nella nostra terra, chiaro? >>
    Faraji e Jelani non erano di certo quei draghi che accolgono tutto e tutti a zampe aperte come se fossero amiconi, dividendo con loro cibo e averi in nome dell'ospitalità e cortesia. No, avevano sempre provato un certo disgusto per quei draghi che giocavano a fare gli uomini, ad essere civili e cordiali. Loro non venivano da uno di quei branchi e data la loro deformità avevano dovuto lottare per qualsiasi cosa.
    Il loro vecchio branco era un branco "selvatico". Viveva sulle montagne, lontano da uomini e "draghi civilizzati". Da molti venivano descritti come "dei lupi con le ali in grado di sputare fuoco". Nel branco cerano gerarchie simili a quelle dei lupi, anche se in un qualsiasi branco di lupi regnava più pace che in quel branco di draghi. Lì si lottava per niente poiché la selvaggina era scarsa e si rischiava di venire uccisi per un pezzo di carne o un sasso colorato.
    Faraji e Jelani erano stati cresciuti con quella mentalità.
    E anche se poi aveva abbandonato quelle montagne, cercando un nuovo territorio tutto suo, più ricco sia di selvaggina che di tesori, e aveva imparato alcuni modi più civili non aveva mai abbandonato del tutto alcuni atteggiamenti che lo facevano apparire più selvaggio di altri draghi.
    Ciò che era suo era suo e di nessun'altro, punto.
     
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    Aihur passò rapidamente lo sguardo su tutti i presenti, senza soffermarsi su nessuno in particolare. Attendeva solo che Leinur e il ragazzo si decidessero su quale fosse la prossima loro meta e all'udire la risposta affermativa di Sylverion riguardo al volo rimase piuttosto spiazzato.
    Non si aspettava che fosse possibile una tale piacevole sintonia tra un drago e un umano. Anche se continuava a ripetersi che qualcosa nell'anima di Sylverion non era completamente umana.
    La faccenda lo incuriosiva e il suo entusiasmo alla sola idea di poter volare con loro lo fece sorridere.
    -ma guarda un po'...- pensò tra se e se, mentre quasi involontariamente tornava a fissare le due teste del drago rosso che gli trasmettevano un certo disagio.
    Leinur si avvicinò impercettibilmente al ragazzo, come volesse far intendere che tra di loro era già nata una sorta di confidenza, era quasi come trovarsi davanti ad un proprio simile. Dovette supporre che anche il fratello aveva percepito in lui un qualcosa di piacevole, altrimenti non ci avrebbe messo molto a farlo notare o peggio ad urlarlo ai sette venti.
    "Bene" Rispose, mentre la sua coda infilsava il terreno alle proprie spalle. "Per me possiamo partire anche adesso"
    Fu l'intervento di una delle teste del drago rosso che distolse la sua attenzione dal ragazzo. Trovò quel suo commento su Ta'ni un po' azzardato e non fu certo di poter affermare che quelle parole non lo infastidirono, ma magari Faraji e Jelani conoscevano meglio di loro quel territorio e in tal caso sarebbe stato lecito dare consigli.
    Tuttavia non gli pareva che quello fosse il genere di individuo a cui piace dare consigli gratuiti. Preferì non curarsene, dopo tutto non erano affari suoi.
    Se Sylverion avesse deciso di raggiungere quella valle lui l'avrebbe accompagnato, sia perché ormai si era offerto sia perché tra tutti i presenti se avesse dovuto dar ascolto a qualcuno l'avrebbe fatto solo con lui.
    Poi lo strano draghetto, fino a quel momento celato nell'ombra delle loro conversazioni, fu protagonista di un intervento non troppo pertinente alla faccenda, ma che comunque fece stranamente concentrare tutte le attenzioni su di lui.
    La risposta del drago rosso però non fu delle migliori, non che Leinur si aspettasse un -ma certo se vuoi veniamo noi a cacciare per te... tesorino-
    Poteva anche capire che non desiderasse vedere il suo territorio invaso, ma non accettava che imponesse in quel modo il suo dominio, quelle terre non erano proprietà di nessuno, nonostante potesse davvero essere il loro territorio di caccia.
    Purtroppo gli stessi pensieri fluirono anche in testa ad Aihur e... purtroppo... il drago azzurro non fu altrettanto capace di trattenere le parole.
    In fondo quando mai l'aveva fatto?
    Aihur emise un sottile sibilo gutturale, socchiudendo leggermente le labbra e avvicinandosi a Faraji e Jelani.
    "Ei bello... calma i bollenti spiriti. non so perché tu sia così affranto e adirato con il mondo, ma non c'è bisogno di prendersela con gli altri in questo modo. Comunque se è tuo territorio questo saremo felici di andarcene, ad essere sincero la tua compagnia non è così apprezzata... almeno per quanto mi riguarda"
    Ecco. Aihur aveva dato il meglio di se.
    Il drago nero avrebbe voluto riempirlo di botte in quel momento,, visto che non ci voleva chi sa quanto a capire che il drago rosso non era tipo da dover fare innervosire.
    Cercò di restare in apparenza impassibile, ma aguzzò i sensi pronto a scattare in caso fosse stato necessario.
    Probabilmente i preparativi per il viaggio a Ta'ni avrebbero rivelato qualche sorpresa.
     
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    Forse avrebbe dovuto fare un po di pratica nel parlare prima di esprimere tutto ciò che gli veniva in mente.
    Però ora aveva l'attenzione di tutti e non perse nemmeno un dettaglio di quello che aveva da ridire ognuno di loro.
    Nessuno riuscì a celare completamente le proprie emozioni a differenza del draghetto che non si scompose nemmeno dopo la sfuriata di Jelani.
    Era un ottima occasione per conoscere le loro personalità e riconoscere come usarle a suo favore.
    In questo momento aveva la possibilità di far scatenare una rissa, fuggire e ritornare appena si fossero sfiancati tutti. Sceglierne uno da prenderne le sembianze e uccidere i rimanenti... E infine divertirsi a distruggere un gruppo di umani tanto per passare la giornata.
    No. Troppo facile. Non aveva voglia di sporcarsi le mani quel giorno e preferì tentare un approccio più sociale.
    Subito dopo Aihur si fece avanti fino ad arrivare a pochi centimetri dal drago a due teste. Poteva colpirlo e lanciarlo lontano, oppure buttarlo a terra e minacciarlo. In quel avrebbe attuato il piano B.
    -Non ho detto di voler cacciare in questo posto che, ne sono sicuro, gli unici animali commestibili siamo noi.- sibilò.
    -Volevo andare a Ta'ni visto che ci sono umani. E non credo propio che quel posto sia nel tuo territorio. Inoltre, non me ne può importare un fico secco di ciò che devo chiedere a te o no. Questo posto e tutti gli animali che ci vivono sono della madre Natura non certo tuoi.- per tutto il tempo continuava a guardare negli, anzi nell'occhio solo Jelani. Per ora c'è l'aveva più con lui che con l'altro è lì considerava come se fossero due creature differenti in un corpo diverso.
    poi un curioso pensiero gli invase la testa. Ma quanto sarebbe stato divertente prendere forma di un drago a due teste e come si sarebbe divisa la sua personalità? Doveva assolutamente scoprirlo!
    Ma come? Adesso che si era impegnato per fare... giustizia, doveva farli combattere? Ok, ma gli serviva più tempo per riflettere.
    In quel turbinio di pensieri però dovette riemergere immediatamente nella realtà. Poteva benissimo essere stato spiaccicato a terra senza nemmeno accorgersene.
    se è scritto grammaticalmente male sorry.lo correggo sta sera intanto le basi del post le ho inserite.
     
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    Con l'intervento del drago azzurro la maschera di cordialità che aveva indossato fino a quel momento Faraji si sgretolò, mostrando una personalità molto più affine a quella di Jelani.
    La sua testa scattò verso Aihur, ringhiando, mentre Jelani continuava a fissare l'altro draghetto.
    << Vuoi sapere perché siamo adirati col mondo, draghetto? Perché il mondo ci vuole morti e ci odia perché siamo sopravvissuti. E siamo stati traditi da colui in cui avevamo riposto fiducia. >>
    Si avvicinò ancora un po' al suo muso, fissandolo con l'unico occhio sano.
    << Vedi le cicatrici, le bruciature? Il corno spezzato? Ti sei chiesto perché sia le mie che quelle di Jelani sono rivolte verso l'interno? Se vuoi posso raccontarti la storia, vuoi? Noi eravamo un mostro, uno scherzo della natura, una punizione degli dei. Dovevamo solo morire e non l'abbiamo fatto, così tutti i draghi del vecchio branco, compresi i nostri genitori, ci odiavano. La vita era solitaria e dura ma noi ci ostinavamo a non morire, finché un giorno non incotrammo un altro drago. Eravamo poco più che cuccioli all'epoca e lui era l'unico che non ci giudicava e non ci odiava, perché sapeva cosa voleva dire essere odiato dal branco. O almeno così credevamo, perché quando fu sicuro di essersi guadagnato la nostra fiducia, decise di sfigurarci dicendoci che ci aveva fatto un favore, perché se tenevamo le teste vicine vicine sembravamo meno rivoltanti. >> gli raccontò, tirando indietro la testa ed inarcando il collo con un unico movimento aggraziato.
    Ogni sua parola sembrava trasudare veleno, odio e risentimento, ma si poteva leggere negli occhi di entrambi che erano assolutamente vere.
    << Capisci ora? Quindi, scusa se siamo "adirati con il mondo", cerchiamo di difendere ciò che è nostro e pretendiamo un minimo di rispetto da chi sosta nel nostro territorio. >> aggiunse sibilando.
    Jelani non era particolarmente contento che Faraji avesse raccontato certi episodi della loro vita mosso dalla rabbia. Erano cose che avrebbe preferito tenere per sé, gli sembrava che gli facessero fare la figura del debole, a lui e a Faraji, come se così facendo si appellassero alle pietà degli altri. Ma ormai il danno era fatto e lui non poteva farci più niente.
    Fu nuovamente lo strano draghetto ad aprire bocca e non fece altro che peggiorare la situazione.
    << Questo posto è nostro! >> gli ruggì contro Jelani, con gli occhi che sembravano fiammeggiare di rabbia.
    << Tutta la terra, tutti gli animali e le piante sono mie e di Faraji! Nostre soltanto! E tu, piccolo sgorbietto, che tu lo voglia o no devi adeguartici. Siamo i padroni di queste montagne e di questa vallata, abbiamo lottato per possederle e perfino gli uomini lo sanno! >>
    Si fermò per un secondo, bloccandosi, poi la testa scattò come quella di un serpente verso Sylverion.
    << E gli uomini pagano un pedaggio per passare di qui ed andare a Ta'ni e dato che tu ora sei qui e vuoi passare dovrai pagarlo anche tu. Dacci quel tuo zaffiro che porti sulla fronte e l'oro che ho annusato e tu e la tua allegra combriccola di draghi che non sanno rispettare le proprietà altrui potrete andarvene. Se ti rifiuti ci prenderemo ciò che vogliamo con la forza. >> gli sibilò, allungando il muso verso il viso del ragazzo.
    Il fumo che saliva dalle sue narici si era fatto più acre, scuro e denso, segno che aveva ormai perso la pazienza. Al diavolo le tattiche, al diavolo tutto: quei draghi gli avevano mancato di rispetto e lui voleva quel zaffiro. Non gli sarebbe dispiaciuto dare una lezione a tutti, anche se la stazza di Leinur lo impensieriva. Era alto quasi quanto lui e decisamente più in forma, sarebbe stato difficile batterlo.
    In ogni caso la zampa anteriore destra si alzò da terra, allungandosi verso il ragazzo e dischiudendo gli artigli neri, aspettando che il ragazzo pagasse il prezzo della sua libertà.
     
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  13. Midnight Dragon
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    Ecco: il danno era fatto. Proprio quello che temeva potesse accadere: dispute territoriali. Incredibile come un semplice commento potesse urtare a tal punto. Qualsiasi drago a capo di un territorio lo difende e ne è geloso e possessivo, Sylverion stesso avrebbe, ai tempi in cui ancora volava in branco, difeso assiduamente le proprie terre. E sotto i suoi occhi quel teatrino degenerava precipitosamente, lasciandolo con la prospettiva di, be', fuggire senza troppi scrupoli. Qualcosa dentro di lui strideva all'idea di un comportamento simile, così codardo, ma oggettivamente: cosa poteva lui, in quello stato, contro un drago adulto grosso parecchie volte il suo corpo? Sarbbe stato spazzato via in un istante, senza mezze misure, o sarebbe finito in un cumulo di cenere. Nessuna delle due prospettive rientrava nei suoi piani.
    E mano a mano che ascoltava, indietreggiando, ciò che Faraji e Jelani avevano da dire, ebbe modo di scoprire cosa davvero fosse quel drago: uno scarto della natura. Come sempre senza disprezzo, con la prospettiva di chi ha vissuto con la legge del più forte per anni, il drago rosso era un errore e come tale aveva pagato cara la propria esistenza. Sylverion non lo biasimò per questo, ma non provò nemmeno pietà per lui: nulla avrebbe tolto che la realtà era tale, niente avrebbe potuto cambiare la loro natura. Erano nati deboli, fragili e sbagliati, non c'era né colpa né merito in questo. Anche se comprese istantaneamente tutta quella sua avidità per l'oro, i possedimenti ed il territorio: lui che non aveva mai avuto niente, si era preso ciò che poteva e non lo avrebbe lasciato andare con tutte le proprie forze. "Il che non è niente di male" pensò. "Ma non vuol dire che possa avere tutto quello che vuole. E significa anche che è pronto a perdere ciò che ha guadagnato"
    << Tutta la terra, tutti gli animali e le piante sono mie e di Faraji! Nostre soltanto! E tu, piccolo sgorbietto, che tu lo voglia o no devi adeguartici. Siamo i padroni di queste montagne e di questa vallata, abbiamo lottato per possederle e perfino gli uomini lo sanno! E gli uomini pagano un pedaggio per passare di qui ed andare a Ta'ni e dato che tu ora sei qui e vuoi passare dovrai pagarlo anche tu. Dacci quel tuo zaffiro che porti sulla fronte e l'oro che ho annusato e tu e la tua allegra combriccola di draghi che non sanno rispettare le proprietà altrui potrete andarvene. Se ti rifiuti ci prenderemo ciò che vogliamo con la forza. >>

    <<Cosa?>> fece Sylverion, per la prima volta genuinamente stupito. Aveva sospettato che Jelani avesse potuto accorgersi della moneta, ma aveva sperato con tutto sé stesso il contrario. Evidentemente, non era l'unico ad avere un fiuto sopraffino, ed abituato a tutti quei gioielli era anche comprensibile che il drago rosso l'avesse scoperto subito. Ma non era questo ad averlo stupito: dell'oro già se l'aspettava, e ora aveva capito il motivo per il quale non provava simpatia per loro e gli erano sembrati ostili. No, ciò che lo aveva colto di sorpresa, era lo zaffiro. Possibile che quella sorta di terzo occhio avesse un simile valore? Probabilmente, ma il fatto che fosse incastonata nella sua testa aveva un significato e di sicuro Sylverion non aveva intenzione di separarsene. Eppure, il solo pensare allo zaffiro gli stuzzicava la memoria, e l'argento tornò a pulsare flebilmente mentre una nuova ondata di ricordi riaffiorava, potente come mai.

    Per un attimo si ritrovò sospeso nel vuoto. Poi, di colpo, vide la neve: candida e scintillante, sui monti e sulle vallate. Sentì il proprio corpo, le proprie ali, la propria coda. Non pensava, allora non conosceva le parole, ma sapeva che una preda era vicina, un'odore estraneo permeava la neve quel giorno, qualcosa di nuovo era penetrato delle terre bianche. Non poté riconoscerlo. Sibilò, scuotendo la testa, poi mandò un ruggito basso e breve, un verso dal tono dominante, deciso, rivolto al drago rosso che gli teneva dietro. Era vicino, e lui avrebbe condotto la caccia fino alla preda, questo significava quel suono. Seguì la pista, tenendo d'occhio il proprio compagno di caccia, annusando l'aria e muovendosi in fretta, le zampe che affondavano nella neve ad ogni passo. Ed infine lo videro: basso, dalla pelliccia bianca e candida che ci confondeva con la neve, una criniera d'argento, sedeva sulla neve in mezzo ad una radura, la schiena eretta e le zampe anteriori appoggiate sulle posteriori. Nessuno dei due aveva mai visto una cosa simile - in seguito avrebbero scoperto trattarsi di un umano - né tantomento avevano mai osservato un simile atteggiamento in una creatura. Sylverion gli ruggì contro, intimidatorio. Non lo attaccò subito, non conoscendo cosa fosse, né cosa stesse facendo. Ma il vecchio non si mosse, intento a meditare, coi lunghi capelli d'argento che oscillavano fiaccamente e l'intreccio d'oro sulla sua pelle scintillante al riflesso del sole sulla neve. Sylverion ruggì di nuovo, e solo allora il vecchio alzò lentamente le palpebre e fissò, con i suoi occhi troppo azzurri per essere naturali, quelli del drago. Emanava qualcosa, quella creatura, che non aveva mai provato, quello sguardo che non era né di sfida né di sottomissione né di paura o rassegnazione. Sylverion esitò, ma il drago rosso che lo aveva seguito prese il comando e, dopo un altro ruggito di sfida, soffiò un lungo getto di fiamme.

    La neve si sciolse tutt'intorno, ma le fiamme non lo raggiunsero mai: si diramavano e nessuna delle lingue infuocate arrivò mai abbastanza vicina al vecchio, che pure era rimasto immobile. Sylverion lo prese come l'inizio della caccia e saltò, mirando ad abbatterlo. E in quel momento fu preso dalla sensazione più sgradevole di tutte: non poteva muoversi. Bloccato da una forza inspiegabile, a metà del salto si era bloccato, per aria, come se di colpo l'aria fosse divenuta un blocco di ghiaccio intorno a lui.
    <<En maien laenar, damaen'ain.*>>
    Qualcosa di nuovo riempì la testa del drago all'udire quelle parole. Versi, che per lui non avrebbero dovuto avere significato, si riempivano di idee, di pensieri più profondi di quanto non avesse mai potuto concepire. Per la prima volta, Sylverion aveva scoperto le parole, e quella lingua sconosciuta lo affascinò, dimentico della caccia e del territorio. Non c'era preda, ne intruso: solo un semplice viaggiatore, se ne sarebbe andato senza problemi. Non c'era da aver paura.
    <<Ein ithran, liaenur daraen, aemar**>>
    E come per incanto, a quelle parole i lacci invisibili che lo legavano si sciolsero, ma ora Sylverion non aveva più intenzione di ferire il vecchio. Per qualche motivo, invece, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, guardandolo intimidito come di solito si faceva col capobranco.


    La visione sbiadì subito, come se non fosse il momento per vedere oltre. Il che era anche vero, ma per quanto breve aveva lasciato un segno, una sorta di confidenza in sé stesso. Questa volta le parole gli salirono d'istinto, pronunciate con decisione e rabbia per aver scoperto le vere intezioni di Jelanim, così infome:
    <<En maien laenar, ithran an'orin. Aln ain luminar***>>
    Le parole risuonarono nell'aria, forti e cariche si significato, potenti perché pronunciate con coraggio. Sebbene quella lingua fosse ormai dimenticata da tempo immemore, quei suoni gli uscirono musicali ed armoniosi come se Sylverion l'avesse sempre parlata. E comprensibili, soprattutto: chiunque in quel momento avrebbe potuto comprendere quello che diceva, anche Jelani, carica di una sottile magia che univa la mente degli individui nel suono delle parole, così da essere un linguaggio universale che ciascuno, provando esattamente le stesse sensazioni di chi la parlava, potesse comprenderlo. E pronunciate con una simile decisione, Sylverion aveva apertamente sfidato Faraji e Jelani, contraddicendoli e parlando senza paura. Anche loro avrebbero sentito che lui non aveva paura. Forse tutto questo era merito della magia della gemma, del Luminare? A Syilverion poco importava purché funzionasse. E in fondo a sé, sapeva di possedere tutti gli strumenti per far valere la propria opinione. Fece un atto di fiducia in sé stesso: si fidò della propria memoria.

    *Sono un viandante solitario, non abbiate paura.
    **Sii libero, giovane drago e amico
    ***Sono un viandante solitario, libero da ogni cosa. Il Luminare (la gemma)non può essere tuo.
     
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    Aihur ascoltò le parole di Faraji senza né indietreggiare, ne distogliere lo sguardo dal suo. In quegli anni aveva imparato a non temere nessuno, nonostante fosse effettivamente "debole" non si sarebbe mai dimostrato tale.
    Non per mascherare la sua vera natura, ma per non lasciare che gli altri lo considerassero inferiore, quindi diverso, quindi da scartare.
    E dopo tutta la sfuriata del drago rosso l'unica cosa di cui si era reso conto era di non essere solo. Come poteva dispiacersi. Come poteva soffrire per Faraji e Jelani, quando anche lui aveva patito simili sofferenze?
    Invece di destarlo dal ribattere quelle parole accesero in lui quella piccola scintilla che emergeva solo se fortemente motivato... la sofferenza, il dolore. Gli anni trascorsi nell'ombra di qualcuno senza rimpianti, né rimorsi. Tutto proruppe in quella risposta che non avrebbe mai voluto dare ma che gli scaturì più dal cuore che dalla gola. La sua risposta arrivò proprio nel momento in cui il drago protendeva la zampa verso Sylverion per quel maledetto pedaggio.
    "Lascia stare quell'umano, per come la vedo non siete neppure degni di guardarlo voi che date un prezzo alla libertà!"
    Tutto l'astio che provava lo incuneò in quelle parole sature di risentimento, rivolte principalmente a Faraji.
    "Mi stai dicendo... che a causa delle tue sofferenze anche altri devono pagare? Altri che non ti hanno odiato ma su cui sfoghi la tua frustrazione? Cosa credi, non sei l'unico in questo mondo che ha sofferto la solitudine e il disprezzo"
    Quasi involontariamente le ali si tesero e la coda si mosse d'istinto, drizzata verso il basso.
    "Dici di essere stato odiato dal branco... ebbene, io non ne sono mai neppure stato considerato parte! Non avevo palesi difetti fisici questo è vero, ma la mia fragilità e la mia incapacità di combattere mi hanno reso inutile agli occhi di chi invece compieva missioni incredibili e gesta eroiche. Io odiavo combattere e tutt'ora continuo a farlo, ma anche se volessi non potrei mai diventare un guerriero come Leihnur o come altri esemplari del branco da cui proveniamo.
    Sono sempre vissuto, anche se questo termine secondo molti non si addice a chi non è degno di vivere, alle spalle di Leinur. Ma non ho mai considerato questo uno sputo del destino, ansi è stato un onore poter essere qualcuno! Ho accettato la mia condizione, cercando di vivere al meglio... ma non ha discapito degli altri!"
    Quelle parole gli uscirono tutte d'un fiato, mentre la sua anima rievocava un evento tanto triste quanto indimenticabile.
    Di fronte a se, un grosso drago dalle scaglie verdi e dall'espressione regale lo fissava con occhi disinteressati, come stesse fissando una piccola nuvola troppo insignificante per potersi mischiare tra le sue compagne splendide e dalle forme più disparate. Come stesse scrutando qualcosa che era indeciso se tenere o gettare.
    Lui, acquattato a terra, non riusciva a distogliere lo sguardo da quel paio di occhi gialli e carichi di disprezzo.
    "Tu non sei mio figlio" Gli sibilò in faccia, mentre Aihur indietreggiava spaventato, come di fronte a se si trovasse la più incombente e terrificante delle creature.
    Gli artigli del drago si spalancarono, diretti verso il suo collo, pronti astrappare via la vita a quel figlio indegno del padre.
    Un tremore, poi di nuovo la realtà tornò a farsi strada intorno a lui sgretolando quel vortice di sensazioni, di immagini, di suoni e di percezioni che non avrebbe mai potuto dimenticare. Era sempre solo un istante, brevissimo, quei pochi secondi.
    Eppure ogni volta, prima che il ricordo si infrangesse, riusciva a ricordare la propria voce che sussurrava "Grazie Leinur".
    Nello stesso istante notò qualcosa avvenire in Sylverion, come non percepisse più la sua presenza. Eppure non si era mosso da lì. Ma era troppo preso dal far notare all'altro quanto fosse stupido il suo modo d'essere che tutto il resto passò in secondo piano.
    "E in oltre..."
    Leinur gli colpì il fianco con una zampata, spedendolo al suolo.
    "Adesso basta. Non siamo quì per dare battaglia e continuando così non fai altro che peggiorare le cose"
    Poi il drago nero si voltò verso le due teste dell'altro drago, deciso a fargli cambiare idea.
    Quando le parole di Sylverion raggiunsero le sue orecchie fu come captare più sensazioni contemporaneamente. Come se assieme alle parole il ragazzo stesse esprimendo anche i suoi sentimenti, le sue sensazioni.
    Non ne capiva il motivo, ma ciò gli diede la certezza che non si era sbagliato nel vederlo come non totalmente umano.
    Anche Aihur se ne rese conto, forse fu quello a placare il suo animo furente.
    "Tuoi sono gli animali, le piante e tutto ciò che esiste o vive in questo luogo giusto?" Continuò Leinur. "ma non lo è il cielo. Se Sylverion se ne andrà volando, tu non potrai impedirglielo"
    Avendo percepito la decisione nelle parole di Sylverion ebbe come l'impressione che quella stessa sicurezza si stesse imprimendo anche in lui, contagiandolo.
    Non era mai stato né timido né tanto meno si preoccupava di dire le cose come stavano, ma in quel momento al suo carattere già piuttosto diretto si aggiunse la convinzione di dover aiutare il ragazzo, per un motivo o per l'altro.

    em... se temporalmente non torna la cosa fatemelo sapere, ma per rispondere a faraji non potevo rispondere in maniera diretta, se no non penso che avrebbe ignorato Aihur e si sarebbe dedicato a sgorbietto e a Sylverion. Quindi ho alternato un po' le cose, se non torna correggetemi please XD


    Edited by Aesingr - 19/12/2014, 04:26
     
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    Gli era già capitato di finire in situazioni che lo lasciassero particolarmente confuso. Ora, lo era particolarmente di più del solito.
    Che aveva intenzione di fare Aihur? Fare valere il propio punto di vista in territorio nemico? Come se la sua parola valesse o almeno facesse leva sul drago a due teste? "Anche se sei di dimensioni maggiori alle mie, dubito che il tuo giudizio valga altrettanto." rifletté.
    Leinur invece, aveva intenzione di uscirne indenne, eppure era l'unico in grado di contrastare il drago a due teste.
    "Probabile, però, che sarà anche l'unico a prenderle."
    Invece l'umano aveva pronunciato una frase, chiara e determinata, ma ne capì solo in parte il significato. Ora invece, toccava alla sua di opinione, quella che avrebbe seguito senza che nessuno lo fermasse: "Se riesco a infastidire quelle testoline. Forse riesco a far fuggire l'umano e i due draghi. Poi se sopravvivo vedrò se mi attende una ricompensa." Mooolto lentamente si spostò dal fronte di Jelani fino al fianco del drago. Continuò ad avanzare prendendo le dovute distanze, quasi sicuro che nessuno lo avrebbe degnato di uno sguardo. Troppo piccolo per essere una minaccia.
    Si posizionò nuovamente alle spalle dell'altro drago, questa volta in posizione di combattimento. Dalle narici uscì un sbuffo simile a fumo e iniziò a ruminare qualcosa in bocca. -Fatti sotto scherzo della natura! Io come tuo simile sono pronto a conquistare il territorio!- voleva davvero provare a stendere un drago? Il suo record caso mai era arrivare a buttar giù un grifone. "E adesso? Gli ronzo attorno o lo affronto faccia a faccia?" un improvviso prurito gli prese l'orecchio e si grattò furiosamente "Sempre che abbocchi."
     
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